Mi ritorni in mente: Enzo Guarniero

28.03.2020 16:30 di Paolo Annunziata   vedi letture

di Paolo Iannuccelli

 Latina Calcio e i bomber del passato: Enzo Guarniero, la "roccia" nerazzurra

«Olé roccia», lo striscione appariva in bella mostra, ogni domenica, allo stadio comunale di Latina per inneggiare a Enzo Guarniero, il centravanti per eccellenza. Una volta, in piazza del Popolo, un distinto signore si rivolse al bomber nerazzurro, gli disse: «Signor Roccia, vorrei parlare con lei». Risata generale, molti cerano convinti che il cognome di Guarniero fosse Roccia, per via di quello striscione che compariva tutte le volte per incoraggiarlo. Ma quello del nome non era un cruccio per lui, quel piede destro , magico e regale, bastava e avanzava per andare orgoglioso di se stesso e per venire osannato dai propri tifosi, ogni rete era un momento magico, un’esultanza irrefrenabile, in area si muoveva come un leone.

Enzo era un atleta professionalmente metodico, tutt’altro che genio e sregolatezza, nato per la precisione a Borgo San Michele, allora un’anonima cittadina nei pressi di Latina, nel 1939. Proprio nella sua contrada cominciò a tirare le prime pedate alla fine degli anni quaranta, per poi trasferirsi a Roma e studiare in collegio. La storia di Borgo San Michele si discosta da altre località limitrofe. Da quelle parti – nel 1929 – fu creato il villaggio operaio Capograssa, in una zona molto infausta per via della palude, per ospitare in capannoni costruiti ad hoc le maestranze arrivate per lavorare, una grande infermeria era pronta per ogni evenienza. La borgata si riempì poi di veneti, friulani, ferraresi e marchigiani, questi ultimi erano abbastanza numerosi, non si sa bene per quale motivi furono insediati quella zona agricola. Enzo, arrivato a Roma, si trovò subito bene, tanto da essere conteso da vari club capitolini, esordì in una squadretta dal nome profondamente storico: Volsinio, dove i i dirigenti decisero di farlo risiedere nella sede sociale. Da quella formazione il giovanissimo Guarniero passò alla Squibb Roma, in quarta serie, poi alla Lazio, disputando il campionato Riserve contro Fiorentina, Napoli, Bologna, mise a segno ben 12 goal; esordì anche nella De Martino e in un Lazio-Inter di Coppa Italia. Il ragazzo pontino si allenava a Tor di Quinto, era allenato dal grande Fulvio Bernardini, i suoi compagni di squadra più noti erano Franco Janich e Bob Lovati. Dalla Lazio passò all’Avellino, rimanendo poi altri due anni in Campania, a Pozzuoli, con la maglia della Cirio, poi diventata Internapoli, ai tempi dorati di Wilson e Chinaglia. L’allenatore Zanollo lo convinse ad accettare il trasferimento a Crotone, dove vinse la quarta serie ottenendo la serie C, poi il grande salto con la Nocerina, sei anni consecutivi a Latina, il passaggio della barricata verso la Fulgorcavi di Eugenio Fascetti, nel 1971-72, a Borgo Piave, ultimo campionato con la casacca del Formia e discesa del sipario. Guarniero è stato poi allenatore in seconda del Latina, prima alla corte di Francisco Ramon Loiacono, poi di Bebo Leonardi, qualche esperienza su panchine di squadre minori e soprattutto scuola-calcio, insegnando ai giovanissimi. “Roccia” ha lavorato molti anni come impiegato al Comune di Latina, come altri giocatori di cuore nerazzurro. Enzo Guarniero – come tutti – ricorda amaramente quel maggio del 1966, quando il Latina abbandonò ogni speranza di accedere alla serie C, pareggiando al Comunale con il Frosinone.

Racconta il bomber: «Tenevamo moltissimo a quella partita che valeva un’intera stagione, eravamo pronti per il salto di categoria, un errore del nostro portiere Carrus ci impedì di vincere, fu un colpo tremendo per noi giocatori, la società, i tanti tifosi che rimasero sbigottiti, increduli. Il mio ricordo più bello risale al gennaio del 1968 quando pareggiammo a Frosinone per 1 a 1, in un pomeriggio freddissimo con tanto di neve il campo di gioco. Ci siamo superati, eravamo davvero pronti a tutto, tanto che alla fine vincemmo il campionato, in modo stupendo, espugnando Olbia. Abbiamo sudato e sofferto sino all’ultimo sangue, sono orgoglioso di aver dato il mio apporto al Latina, un senso di successo, un vero spirito di gruppo, mirando sempre a crescere, la gente ci conosceva, ci voleva bene, eravamo ammirati da tutti nella nostra città. Gioia e festa hanno sempre caratterizzato anche il derby vittoriosi con il Frosinone, la rivale storica. Non abbiamo mai avuto problemi con i nostri avversari, un rapporto di stima reciproca, c’erano le condizioni giuste per offrire spettacolo in un periodo di calcio ad alto livello».


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