Mi ritorni in mente: La Fulgorcavi

31.03.2020 12:21 di  Paolo Annunziata   vedi letture

di Paolo Iannuccelli

Lo sport del calcio come momento di aggregazione a Latina, una storia che vale la pena ricordare, dimenticata da tutti. Adesso sono solo rovine, capannoni abbandonati e tanta tristezza per chi ha creduto nella Fulgorcavi, industria che ha fatto la storia della città, finita nel dimenticatoio. Fulgor, un nome che gli abitanti di Latina appassionati di calcio abbinavano subito a un‘ azienda che rappresentava più di una normale esistenza terrena. Non abbiamo mai capito perché quei cavi elettrici prodotti al Piave erano così famosi, quasi trendy in una città in crescita. I genovesi - appena arrivati - facevano la fila per essere ricevuti nei salotti buoni. Appartenere alla Fulgor - da gran dirigente a semplice operaio - era sinonimo di qualità e capacità. Valli a capire. Si parlava genovese in piazza della Libertà, come a Carloforte sull'isola di San Pietro fanno uso del tabarchino, lingua della Lanterna arrivata nel Settecento dalla Tunisia (da Tabarka) e mai mutata. Latina vedeva nel dottor Briasco il faro, in Dapelo la luce. Tutti di corsa a fare domanda di assunzione in via del Crocifisso, quasi un nome che propone speranza. Una storia fatta di cavi, calcio, lavoro, convocazioni, derby con il Latina nerazzurro, con un nome su tutti: Eugenio Fascetti. Lui - viareggino doc - dopo aver giocato in serie A, terminò la carriera di calciatore proprio a Latina, impiegato in fabbrica la mattina e atleta a fine carriera nel pomeriggio, durante gli allenamenti nel centro sportivo aziendale, un gioiello per quei tempi, con due campi bene attrezzati e curati. Proprio "aziendali" venivano chiamati i calciatori che avevano in Fascetti il loro punto di riferimento, in poco tempo passarono dalla prima categoria alla serie D, un crescendo incredibile, escalation favolosa. Il segreto di tanti successi risiedeva nella certezza del posto di lavoro per gli atleti, cosa di primaria importanza. Nevio Giacobbo, punto di forza dei nerazzurri di piazzale Prampolini, passò dal Comunale di Latina a Borgo Piave, nessuno lo contestò, capirono la sua decisione. I tifosi della squadra della Fulgorcavi erano solo i dipendenti, attivati a 1250 nel massimo splendore dell'azienda. Fascetti appese le scarpe al chiodo e cominciò una superba carriere da Mister, era un burbero che si faceva rispettare, sapeva parlare ed ascoltare, cosa non facile per un trainer alle prime armi. Eppoi, il vivaio. Una sorta di college, uno dei primi nel Lazio per calciatori promettenti.  I migliori rappresentanti del prolifico settore giovanile gialloverde facevano il cammino inverso, arrivando a vestire la gloriosa casacca del Genoa. Tra i "profeti" del mondo del pallone legato alla linea verde cominciava a farsi strada il talent scout Gino Bondioli - giramondo di professione - insegnante di fondamentali con i fiocchi, stimato da tutti con esperienze in Grecia e Siria. Il primo derby tra Latina e Fulgorcavi si svolse il 12 ottobre 1975 con successo dei nerazzurri per 2 a1.  Al ritorno vinse sempre il Latina, grazie a un gol dell'eclettico Truant, genio e sregolatezza, un triestino che faceva venire i brividi quando correva velocissimo sulla fascia destra. Il fenomeno Fulgorcavi nel calcio durò poco. Briasco, nell'estate del 1977, propose con grande sensibilità una fusione con il Latina ma le carte federali lo impedirono. Il titolo sportivo di serie D prese la via di Terracina. A distanza di anni, viene da pensare che quello fu uno dei primi segnali di cedimento della Fulgorcavi azienda, non più forte come prima, pronta a lasciare un punto fermo come il calcio, sinonimo di popolarità e consenso. Ora sono rimaste le macerie, ennesima storia industriale finita male, malissimo, con centinaia di operai che hanno perso il posto di lavoro. L’amico Carlo Miccio mi ha confidato che ha intenzione di scrivere un libro sulle vicende calcistiche della Fulgor. Gli ho subito detto: “Fai bene, venderai un sacco di copie”.


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